Il folle mondo degli NFT, ovvero i Non Fungible Token
Avrete sicuramente sentito parlare degli NFT, ovvero l’abbreviazione dei non fungible token. Ma cosa sono esattamente, e in che modo si legano sia alle criptovalute che all’arte digitale?
L’argomento è squisitamente digitale e poco tangibile, il certificato NFT non è altro che un documento digitale per l’appunto, che tramite la tecnologia ” blockchain ” garantisce l’unicità e la tracciabilità del file digitale creato dall’autore dell’opera, se di un’opera d’arte si tratta.
Primo scoglio da superare, possedere l’NFT di un’opera non vuol dire necessariamente essere il proprietario dell’opera stessa, ma in alcuni casi soltanto di quella copia digitale dell’opera.
Diritti d’autore nell’epoca del digitale
Acquistare l’NFT di un’opera non vuol dire necessariamente quindi possederla, nel caso ad esempio della foto digitale di un quadro, o di una foto, o di un’opera digitale come per esempio un disegno, od una pixel art. L’autore avrà comunque la possibilità di vendere od utilizzare l’opera a suo piacimento, il fotografo può ancora vendere la copia della sua foto, o l’artista digitale può utilizzare la sua pixel art per metterla come immagine del profilo, senza rompere il contratto con l’acquirente dell’NFT dell’opera stessa.
Dal punto di vista giuridico quindi non si è proprietari dell’opera, e dal punto di vista pratico d’altronde, difficilmente un’immagine, un’opera digitale od una foto che gira su internet riceverà le attenzioni e la cura che ci si potrebbe aspettare da un’opera d’arte magari acquistata a caro prezzo. Il rischio di vederla circolare senza il proprio consenso, e senza una sostanziale differenza dal file digitale che si possiede è alto, un bel rospo da ingoiare per lo pseudo-proprietario dell’opera.

balene un tanto al chilo
L’unicità come valore intrinseco dell’NFT
Dal punto di vista pratico quindi, un’opera certificata tramite NFT, ha come suo unico valore, oltre alla godibilità dell’opera ( ricordiamolo, riproducibile solo su schermo, e potenzialmente riproducibile da chiunque ne abbia una copia digitale!) , la certificabilità dell’unicità del file digitale, tramite blockchain o mediante il processo di hashing.
Un esempio pratico ci arriva dall’exploit di un dodicenne, Benyamin Ahmed, che per sua stessa ammissione non ha aspirazioni artistiche, ma che da appassionato di programmazione, con un semplice tutorial su You Tube ha capito come disegnare delle buffe balene in pixel art, un vero e proprio gioco da ragazzi, la parte più difficile è stata codificarle e certificarle, ma non abbastanza da impedirgli di venderne oltre 3000 in poche ore, con un guadagno netto di 340.000 euro.
Inevitabile quindi essere scettici di fronte a notizie di acquisti di pixel art, figurine digitali, che sforano le centinaia di migliaia di dollari, o di un vero e proprio mercato di compravendita al rialzo senza pensare che inevitabilmente qualcuno rimarrà, passata la moda dell’NFT, con un cerino in mano con la forma di una scimmietta che fuma la pipa composta da non più di 256 pixel.
L’arte è arte, anche quella digitale
Con questo non vogliamo dire che il valore di un’opera d’arte, per quanto semplice, possa essere misurata solamente con l’intensità dei pixel o la variabilità dei colori, abbiamo esempi celebri nella storia dell’arte dove semplici quadri monocromatici hanno raggiunto cifre monumentali, se l’artista in questione è un maestro riconosciuto internazionalmente, ma si ha l’impressione che la maggior parte del valore delle opere NFT, risieda più nella tecnologia certificante, che nell’opera stessa.
Non solo arte
Ma la tecnologia NFT non si limita solo a certificare opere d’arte, foto o quadri, con lo sviluppo dei vari metaversi digitali ( altra moda del momento? qualcuno ricorda second life? ) , la creazione e vendita di contenuti digitali si sta spingendo in là, oltre che con i prezzi anche con la fantasia. Sempre sulla cresta dell’onda dell’entusiasmo dei non fungible token ci arrivano notizie di vendite di yacht lussiosi ma digitali, a prezzi anche bassi per essere barche di lusso, ma forse decisamente gonfiati se si pensa che è soltanto l’immagine digitale dello stesso.
Un imprenditore digitale sulla piattaforma Sandbox, ha dichiarato che con la sua officina digitale ha già guadagnato più di centimila dollari vendendo prodotti NFT quali cartelloni pubblicitari, macchine, pompe di benzina, insomma diversi contenuti digitali costruiti per popolare ed abbellire l’universo digitale che sta prendendo ( di nuovo ) piede tra molti entusiastici utenti, che stanno comprando , sempre tramite certificazione digitale, dai terreni , agli oggetti più disparati creati da digital creator che li vendono a caro prezzo, se hanno fortuna.
E commerce digitali
Finché l’imperativo valido anche per le criptovalute, ” finché sale compra” , è lecito pensare che per popolare i vari metaversi ci ritroverà ad usare la tecnologia NFT per certificare e vendere copie uniche magari di prodotti come scarpe e vestiti per il proprio avatar, oggetti da arredamento, quadri per abbellire la propria villa digitale fronte mare di pixel, e chi più ne ha più ne metta.
La differenza con gli oggetti con cui siamo soliti abbellire i nostri avatar digitali nelle diverse piattaforme di intrattenimento è notevole, non si rischia più di ritrovare gli oggetti ” base ” utilizzati da migliaia di utenti, ma si andrà ad affrontare vere e proprie aste per gli oggetti digitali degli artisti digitali più quotati, per poi magari sfoggiarli od appenderli nel proprio universo digitale.
Il rischio sul lungo termine sull’unicità di questi oggetti pagati a caro prezzo è già noto e rasenta la truffa. Nessuno vieta a questi creator digitali di vendere copie digitali ” uniche ” dei contenuti di maggior successo che variano di pochi pixel del contenuto di riferimento, senza infrangere nessuna legge, se non quella morale del primo povero malcapitato che ha acquistato a caro prezzo il modello base delle successive copie difformi digitale.
Sicuramente un comportamento del genere avrebbe ripercussioni sulla credibilità dell’artista che vende i propri NFT, ma siamo proprio sicuri che sia così? In fondo stiamo già assistendo ad un mercato di compravendita di contenuti non poi così dissimili tra loro, che vengono venduti su un mercato che sembra apprezzare quasi più il valore monetario a cui si vende l’opera, che il valore della stessa.
Speculazione o futuro?
Mettendo per un attimo da parte lo scetticismo che è quasi normale avere per qualsiasi novità ( chi non ha storto la bocca dieci anni fa quando si affacciavano sul mercato le prime criptovalute, e chi non si è mangiato le mani per non averle comprate i primi tempi! ) , è indubbio che in questo momento, o forse è già troppo tardi, chi ha investito o sta investendo nei canali giusti, sulle giuste opere, sta ottenendo un plusvalore difficilmente ottenibile in qualunque altro mercato. La speculazione d’altronde è questa, alto rischio, alta volatilità, basta cogliere il momento, o perderlo, e ci si ritrova con un bel gruzzolo, od un pugno di mosche. D’altronde investire in qualcosa che non si capisce, non è mai una buona idea, ed una buona dose di entusiasmo andrebbe sempre accompagnata da una decente comprensione del fenomeno.
Non sappiamo dire se nel futuro le opere che adesso valgono svariate centinaia di migliaia di dollari un domani manterranno o perderanno il proprio valore, ma possiamo sicuramente consigliarvi di andarci con i piedi di piombo, se avete intenzione di lanciarvi in questo mercato, e vi auguriamo di non rimanere con il cerino digitale in mano.